
Con l’ordinanza n. 25192 del 15 settembre 2025, la Corte di Cassazione – Sezione II Civile ha ribadito un principio di grande rilievo per la gestione condominiale: i balconi aggettanti non rientrano tra le parti comuni dell’edificio ai sensi dell’art. 1117 del Codice Civile.
La pronuncia chiarisce ulteriormente il confine tra proprietà esclusiva e beni comuni, con importanti conseguenze pratiche in materia di ripartizione delle spese condominiali e di delibere assembleari.
Secondo la Suprema Corte, i balconi aggettanti – cioè quelli che sporgono rispetto al perimetro della facciata – non costituiscono parti comuni dell’edificio. Essi non possono essere considerati “necessari per l’esistenza del fabbricato” né “destinati all’uso o al servizio comune dei condomini”, come previsto dall’art. 1117 c.c.
La Corte sottolinea che il balcone aggettante è un prolungamento dell’unità immobiliare di cui fa parte e, pertanto, rientra nella proprietà esclusiva del singolo condomino.
Non vi è quindi alcun automatismo che consenta di includere tali strutture tra i beni comuni.
La decisione della Cassazione ha un impatto diretto sulla gestione dei lavori di manutenzione e sulle relative spese.
Quando un intervento riguarda i balconi aggettanti, i costi non possono essere ripartiti tra tutti i condomini in base ai millesimi generali, salvo che non sia dimostrata l’impossibilità di distinguere contabilmente le spese relative alle parti private da quelle comuni.
In altre parole, la connessione tecnica dei lavori (ad esempio, un ponteggio unico per la facciata) non è sufficiente a giustificare la ripartizione delle spese se le opere riguardano elementi di proprietà esclusiva.
Pur confermando la natura privata dei balconi aggettanti, la Cassazione ha ribadito che alcuni elementi ornamentali o decorativi – come frontalini, sottobalconi, ringhiere o cornici che contribuiscono al decoro architettonico della facciata – possono essere considerati beni comuni, qualora siano visibili dall’esterno e incidano sull’aspetto complessivo dell’edificio.
In tali casi, le spese relative a tali elementi continuano a essere a carico di tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà, poiché attengono all’estetica e all’immagine dell’intero fabbricato.
Un ulteriore profilo chiarito dalla giurisprudenza riguarda la validità delle delibere condominiali.
L’assemblea non può deliberare interventi su parti di proprietà esclusiva, come i balconi aggettanti, senza il consenso del proprietario.
Qualora lo faccia, la delibera può essere considerata nulla (e non semplicemente annullabile), con la conseguenza che può essere impugnata senza limiti di tempo.
L’ordinanza n. 25192/2025 della Corte di Cassazione si inserisce nel solco di un orientamento consolidato, ma ne rafforza la portata applicativa, ponendo l’accento sulla necessità di una chiara distinzione tra parti comuni e parti di proprietà esclusiva.
Per amministratori condominiali, tecnici e imprese edili, la sentenza rappresenta un punto di riferimento essenziale per la corretta impostazione dei capitolati lavori in caso di Ristrutturazione, dei criteri di ripartizione delle spese e per la tutela dei diritti dei singoli condomini.






